In due compagni ci allontaniamo mestamente, un po' abbattuti nonostante l'enorme esperienza maturata in anni di sconfitte. Un altro muro non abbattuto, ma la testa non ce l'ha spaccata, quindi si va avanti. Arriviamo in sede, qualche email e il tempo di leggere sul Giornale che siamo praticamente dei terroristi, e mi avvio per andare a prendere l'appuntamento. Dal tatuatore.
Dopo quasi un anno passato a tergiversare, sono pronta a fare il primo passo verso il primo tatuaggio.
Certo che non mi aspettavo di andare a prendere l'appuntamento alle 11 del mattino per le 2 del pomeriggio stesso.
In fondo sono una donna, ho il ciclo ogni 28 giorni e mi faccio la ceretta all'inguine. Sono preparata al dolore.
Alla fin fine non ha fatto tanto male. Mentre torno verso casa dolorante, fumando la sigaretta della vittoria, ascolto un po' di musica buona. Musica che mi fa ricordare di altri paesaggi nordici, e neve.
La rosa dei venti stilizzata (e se qualcuno mi dice che somiglia ad una croce celtica gli sputo in un occhio) pulsa rossa sulla schiena, proprio sotto al collo. Semplice, nessun ghirigoro particolare, magari un po' triste e austera, ma essenziale.
Piove e io sono senza ombrello. E penso alla prima cosa indelebilmente visibile. E penso al significato di una cosa indelebilmente invisibile.
Viaggio. Amicizia. Amore.
Oh yeah.
Soundtrack: "I've got you under my skin" - Frank Sinatra